Le smart city sono la soluzione ai problemi di sostenibilità derivanti dalla rapida urbanizzazione. Ma nonostante abbiano ormai raggiunto una certa popolarità nella discussione sul futuro delle città, non sono oggetto di una definizione univoca, con il rischio che la mancata chiarezza impedisca di stabilire una strategia efficace per la loro realizzazione. Cosa significa smart? E qual è la correlazione tra smart city e sostenibilità?

 

Le sfide dell’urbanizzazione

Si stima che entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale risiederanno nelle città, rispetto alla metà circa che vi risiede attualmente. Ragionando in termini numerici, significano 2 miliardi e mezzo di persone in più per la popolazione cittadina, che corrisponderanno a un ampliamento degli ambienti urbani. Lo spazio non manca: le città utilizzano meno del 2% della superficie terrestre attualmente. Il problema, tuttavia, è che consumano più del 75% delle risorse naturali disponibili a livello globale e l’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) stima che il consumo di materie prime relativo alle città aumenterà a circa 90 miliardi di tonnellate entro il 2050 rispetto ai 40 miliardi di tonnellate del 2010.

Una crescita simile non può essere affrontata giorno per giorno senza preparare il terreno, pena un drastico peggioramento della qualità della vita in città e un impatto sempre più dannoso degli ambienti urbani sul pianeta. Le sfide di vivibilità sono tante e varie, legate alla gestione dei rifiuti, all’approvvigionamento energetico e alimentare, all’inquinamento dell’aria, alla congestione del traffico, ma anche all’invecchiamento delle infrastrutture e della popolazione stessa, i cui bisogni cambieranno nel corso dei prossimi anni. Per affrontare questi problemi e stabilire per tempo una strategia di accompagnamento alla rapida urbanizzazione, è importante definire una volta per tutte un modello di smart city ideale, la cui smartness è intrinsecamente connessa e orientata al concetto di sostenibilità sociale, ambientale ed economica.

 

Smart è sostenibile

Di smart city si parla ormai da anni, ma la sua definizione precisa è tutt’altro che chiara e univoca. Quel che è certo è che una città intelligente è improntata all’innovazione – in particolare grazie alla digitalizzazione e all’utilizzo delle ICT (Information and Communication Technologies) – ed è orientata a migliorare la qualità della vita delle persone, l’efficienza delle operazioni e dei servizi urbani e la propria competitività, garantendo la soddisfazione dei bisogni sia delle generazioni presenti che di quelle future.

È evidente perciò come l’“intelligenza” delle città del futuro non abbia soltanto implicazioni tecnologiche, ma soprattutto socio-culturali, ambientali ed economiche. È il senso della cosiddetta “twin transition” digitale e sostenibile, in cui l’innovazione è al servizio della sostenibilità, cioè della creazione di un modello di vita e di sviluppo che possa durare nel tempo senza privare le generazioni future delle stesse opportunità concesse a quelle presenti. Ma quali sono le declinazioni di questa sostenibilità? È qui che le definizioni di smart city si fanno più divergenti, a seconda dell’aspetto su cui si concentrano e dagli elementi considerati per decretare l’intelligenza o meno.

Non si tratta di sottigliezze, perché in base alle definizioni si stabiliscono anche le necessità e le priorità dell’agenda politica. La twin transition delle città è infatti considerata essenziale dai responsabili politici e si riflette nella definizione dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 11 dell’Agenda 2030: «Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili».

 

Quale sostenibilità per le smart city?

Se è vero che attualmente non esiste un’unica definizione consolidata in termini di sostenibilità su scala urbana, tuttavia esiste un insieme di caratteristiche imprescindibili: equità intergenerazionale e intragenerazionale, conservazione dell’ambiente naturale e delle sue risorse, vitalità e diversità economica, autonomia nelle comunità, benessere dei cittadini e gratificazione dei bisogni umani fondamentali. Caratteristiche che incorporano com’è evidente le tre macro-dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale.

È dunque indispensabile un approccio olistico che però consideri con attenzione anche le modalità con cui le tre dimensioni sono legate. Per esempio, proteggere l’ambiente diminuendo i consumi energetici significa anche risparmiare denaro e tutelare la salute dei cittadini. Oppure risollevare un quartiere marginale dal punto di vista sociale e culturale significa anche rendere più competitiva l’intera città. Insomma, la crescita economica non è incompatibile con la tutela ambientale né con l’attenzione alla sostenibilità sociale, anzi.

E la tecnologia? L’intelligenza delle città intesa come digitalizzazione è lo strumento principale della transizione sostenibile, ma, nonostante sia tra le implementazioni più facilmente misurabili anche in termini di risultati ottenuti, non deve essere considerata fine a sé stessa. L’ICT è infatti indispensabile per rinnovare le infrastrutture, i servizi e i processi in modo da creare contesti urbani più vivibili per tutti, anche per le generazioni future. E l’ottica intergenerazionale, insieme all’equità e all’adattamento di un modello alla particolarità dei tessuti urbani esistenti, è proprio tra gli aspetti che più faticano a essere inclusi nella progettualità per le smart city.

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