Chi avrebbe mai pensato che i rifiuti che gettiamo nell’umido sarebbero diventati un fattore indispensabile della transizione ecologica? I rifiuti organici provenienti dai centri urbani possono dare, infatti, un impulso decisivo sia all’economia circolare che all’altrettanto ambiziosa bioeconomia, in accordo con l’obiettivo 12 dell’Agenda 2030: «Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili».

Dal 1° gennaio è entrato in vigore MTR-2, il nuovo metodo tariffario deliberato da ARERA e valido nel triennio 2022-2025, che esercita un maggiore controllo su tutta la filiera e premia la capacità di trattare e riciclare i rifiuti. A tal proposito, il MITE ha stanziato 1,5 miliardi di euro per ammodernare e potenziare i sistemi di riciclo e raccolta differenziata, secondo i dettami PNRR. La valorizzazione degli scarti – e di quelli organici in particolare – potrebbe infatti permettere di avviare un circolo virtuoso di utilizzo e riutilizzo che minimizzerebbe gli sprechi di materiali e di energia, abbattendo le emissioni.

Dell’argomento di sta occupando il progetto UE Biocircularcities, che coinvolge 6 paesi, tra cui l’Italia, e 8 partner nello studio di una gestione innovativa dei rifiuti organici in ottica circolare.

 

Economia circolare e bioeconomia

Di circular economy sentiamo parlare ormai da anni come dell’unico modello di sviluppo economico in grado di coniugare crescita e sostenibilità. Ma ultimamente è sempre più al centro del discorso anche la bioeconomia, un approccio dagli obiettivi leggermente diversi, ma perfettamente compatibili, rispetto a quelli dell’economia circolare. Se quest’ultima ha l’obiettivo di ridurre l’impiego di risorse fossili aumentando i tassi di riciclo dei rifiuti, la bioeconomia non parla di circolarità, ma vuole azzerare del tutto l’utilizzo di risorse fossili sostituendole con quelle biologiche.

Cosa possono imparare l’una dall’altra? L’allineamento tra questi due approcci consentirebbe perciò alla bioeconomia di puntare anche sul riciclo delle risorse e all’economia circolare di lasciar perdere le risorse fossili e di concentrarsi sulle biomasse. Ne risulta una “bioeconomia circolare” completamente alimentata da biomasse che ha al centro la valorizzazione dei rifiuti organici. È proprio questo l’orizzonte d’azione del progetto Biocircularcities.

 

La gestione innovativa dei rifiuti organici

Il progetto ha lo scopo di aiutare la politica e la giurisprudenza a identificare e sviluppare quadri normativi e roadmap innovative che siano allineati con i principi della bioeconomia circolare. In altre parole, di fornire a legislatori e politici tutte le informazioni necessarie per sviluppare strategie di intervento consapevoli e mirate. Per massimizzarne l’efficacia, Biocircularcities prenderà in considerazione sia il lato dell’offerta che quello della domanda, delineando una strategia comune cui possano allinearsi settori disparati.

«La valorizzazione dei rifiuti organici può essere strategica», precisa Amalia Zucaro della Divisione Uso efficiente delle risorse e chiusura dei cicli dell’ENEA, «ma sono necessarie una maggiore cooperazione tra i diversi attori della filiera, una corretta gestione a livello locale e una migliore qualità della raccolta, oltre a un quadro normativo adeguato alle sfide, che identifichi come risorse i flussi di rifiuti organici ad alto potenziale».

 

Attori e filoni d’azione

Il progetto ha perciò un approccio partecipativo, volto a coinvolgere tutti gli attori della filiera dei rifiuti organici e i 4 ambiti d’azione: industria, scienza, società civile e politica.

I 6 paesi coinvolti nel progetto sono: Italia (Città Metropolitana di Napoli), Spagna (Fundació ENT e Area Metropolitana de Barcelona), Bulgaria (Regionalna Energiina Agencia Pazardjik Sdruzenie, l’Agenzia Regionale per l’Energia di Pazardjik), Lussemburgo (Institute of Science and Technology), Belgio (Association des Villes et Regions pour la Gestion Durable des Ressource) ed Estonia (CIVITTA Eesti AS).

Ma parteciperanno anche 8 partner, tra i quali, per l’Italia, figura ENEA, che applicherà in particolare un approccio di Life Cycle Thinking. Analizzerà cioè la sostenibilità di prodotti, servizi e tecnologie considerando tutte le fasi del loro ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime al fine vita.

Saranno 4 i filoni di azione di Biocircularcities:

  • l’avvio di 3 progetti pilota in 3 contesti urbani e rurali diversi, Napoli, Barcellona (Spagna) e Pazardjik (Bulgaria), in base ai quali esplorare il potenziale circolare di flussi di rifiuti organici non ancora sfruttati.
  • L’identificazione delle pratiche di bioeconomia circolare che potrebbero avere successo nelle suddette aree.
  • L’analisi delle opportunità e degli ostacoli rispetto all’introduzione di tali pratiche.
  • L’utilizzo degli insegnamenti tratti dai progetti pilota per sviluppare roadmap e quadri normativi da applicare anche in altri e più ampi contesti europei.

«Il progetto affronterà le principali sfide poste dalla normativa UE in materia di gestione dei rifiuti organici e di economia circolare», sottolinea la coordinatrice di Fundació ENT Rosaria Chifari. «Vogliamo fornire contributi significativi nel campo della raccolta e del trattamento innovativo dei rifiuti e per la realizzazione di bioprodotti ad alto valore aggiunto».

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