I dispositivi elettronici sono la categoria di rifiuti domestici in più rapida crescita in assoluto, ma la maggior parte di loro non è facile da riciclare. Contengono infatti metalli pesanti e altri materiali tossici che rischiano di essere rilasciati nell’ambiente, perché difficili da recuperare in modo da poterli gestire separatamente. Per migliorare la gestione di questa tipologia di rifiuti si deve perciò agire su due fronti: il miglioramento delle pratiche e delle percentuali di riciclo e la progettazione di dispositivi ugualmente efficienti, ma fabbricati con materiali più facili da riciclare. Un team di ricercatori della State University di New York (SUNY) a Binghamton, per esempio, ha creato un prototipo di circuito elettrico stampato fatto di fogli di carta con componenti completamente integrati e che può essere bruciato o lasciato degradare.

 

Il circuito di carta

La maggior parte dei piccoli dispositivi elettronici contiene circuiti realizzati con fibre di vetro, resine e cavi metallici. Queste schede non sono per nulla facili da riciclare e sono relativamente ingombranti. Ciò le rende poco adatte all’uso in dispositivi medici point-of-care, monitor ambientali o wearable (dispositivi indossabili personali). L’utilizzo di circuiti stampati cartacei potrebbe essere una delle alternative, dato che sarebbero più facili da smaltire, meno costosi e più flessibili.

È un team di ricercatori guidato dal Prof. Seokheun Choi – insegnante presso il Dipartimento di ingegneria elettrica e informatica della SUNY – ad averli sviluppati, progettando un circuito di tipo amplificatore su carta che incorpora un resistore sintonizzabile con una resistenza da 20 ohm a 285 kiloohm, un supercondensatore con una capacità di circa 3,29 mF e un transistor. Per prima cosa, gli studiosi hanno usato la cera per stampare i canali su un singolo foglio di carta che reca il modello di un circuito. Dopo aver sciolto la cera, in modo che la carta si impregni, il team ha stampato inchiostri semiconduttivi e conduttivi, che sono penetrati nelle aree non ricoperte dalla cera, cosparse con un elettrolita a base di gel.

Grazie alla sua biodegradabilità e alle sue eccellenti proprietà meccaniche e dielettriche, con stabilità chimica e termica, la carta ha attirato molta attenzione come materiale dell’elettronica verde del futuro, che possa permettere di contenere il drammatico aumento dei rifiuti elettronici.

 

Il test ha avuto successo

I test hanno confermato che i progetti di resistori, condensatori e transistor hanno funzionato correttamente, nell’ambito di un circuito di tipo amplificatore economico e allo stesso tempo funzionale, sottile e flessibile, proprio come la carta. Ma soprattutto ecologico, per applicazioni monouso cui possa seguire uno smaltimento semplice e sicuro, mediante incenerimento o biodegradazione. La rapida degradabilità del circuito è dimostrata dal fatto che durante un esperimento l’intera unità si è ridotta in cenere dopo essere stata incendiata.

«Il nostro circuito interamente di carta sarà migliore in termini di ecocompatibilità rispetto alla tecnica convenzionale che utilizza componenti elettroniche non biodegradabili», sostiene Choi. È un primo e fondamentale passo verso la produzione di dispositivi elettronici completamente ecologici e usa e getta. I cosiddetti “papertronics” potranno essere utilizzati per reti di sensori wireless usa e getta (WSN) per l’IoT, che diventerà IoDT (Internet of Disposable Things, cioè “Internet delle cose usa e getta”).

La novità dell’IoDT è che i suoi WSN possono essere costruiti con dimensioni piccole e compatte e risultare usa e getta, funzionali ed economici. I dispositivi IoDT forniranno perciò un elevato grado di intelligenza e autonomia, consentendo la rapida implementazione di nuove applicazioni e la creazione di servizi a un prezzo accessibile: sistemi sanitari personalizzati, soluzioni logistiche e di monitoraggio delle spedizioni, prodotti alimentari e generi alimentari, sistemi di monitoraggio e sorveglianza militare o sistemi di consegna. «Il mio prossimo lavoro sarà sostituire i metalli non biodegradabili con quelli biodegradabili», ha dichiarato Choi.

 

Le criticità dei RAEE

L’eccessiva produzione di rifiuti materiali da parte dell’umanità rappresenta una grave minaccia ambientale. Il problema si sta intensificando, specialmente negli ultimi decenni, parallelamente al rapido sviluppo di potenti strumenti elettronici e del persistente desiderio da parte dei consumatori di aggiornarsi alla più recente tecnologia. La scarsa disponibilità delle materie prime indispensabili all’elettronica è un problema soprattutto per il nuovo settore dei dispositivi e dei sensori monouso, spesso utilizzati per valutare la salute umana e monitorare le condizioni ambientali, e per altre nuove applicazioni. La produzione di grandi quantità di RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) è invece un problema per tutti.

Sebbene sia impressionante in termini di funzionalità e praticità, infatti, l’utilizzo di componenti elettronici convenzionali in queste applicazioni comporterebbe un’enorme ondata di rifiuti che non siamo ancora in grado di smaltire correttamente. Questo perché i dispositivi elettronici non sono tecnicamente progettati per essere riciclati e sono fabbricati con materiali inorganici non biodegradabili e tossici. Il risultato è che, secondo i dati di Global E-waste-Monitor 2020, soltanto il 17% degli apparecchi elettronici viene riciclato: una grande minaccia ambientale e contemporaneamente uno spreco di materiali rari e preziosi che potrebbero essere riutilizzati.

Il conferimento dei RAEE è perciò regolamentato dalle legge, che obbliga a portarli in un’isola ecologica attrezzata per il loro smaltimento, in modo che possano essere inviati poi a impianti di trattamento che evitino la dispersione di sostanze nocive nell’ambiente e permettano di riciclarli.

 

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