Quello termico non è l’unico tipo di cappotto realizzabile su un edificio: esiste infatti anche il cappotto sismico, che protegge gli edifici dalle conseguenze dei terremoti. Negli ultimi anni il tema della ristrutturazione degli edifici italiani è diventato centrale non solo a causa delle loro scarse performance energetiche, ma anche a causa del loro degrado fisico e funzionale, dovuto al fatto che risalgono per la stragrande maggioranza a un periodo che va dal Dopoguerra agli anni ’80. Senza contare l’elevata vulnerabilità dal punto di vista sismico degli edifici costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica.

All’interno della politica ambientale dell’UE, infatti, le strategie di riqualificazione devono adottare un approccio integrato. Questo approccio considera tanto il risparmio energetico negli edifici quanto la sicurezza sismica, entrambi indispensabili per tutelare le persone, ma anche come motori della crescita economica. Sul fronte della sicurezza sismica (e non solo), la recente evoluzione tecnologica del settore edile ha definito un nuovo elemento costruttivo: il cappotto sismico, appunto. Ma in cosa consiste esattamente e come si realizza?

 

Vulnerabilità sismica e interventi di adeguamento

La vulnerabilità sismica di un edificio non è altro che la sua propensione a subire danni rilevanti – crepe, instabilità o crolli – al verificarsi di eventi sismici di una data intensità. L’Italia è un’area particolarmente soggetta a forti terremoti, come hanno dimostrato quelli catastrofici verificatisi recentemente in Abruzzo e in Emilia Romagna. La vulnerabilità sismica degli edifici costruiti prima della classificazione sismica di cantiere è perciò a maggior ragione molto elevata.

Per raggiungere gli standard prestazionali richiesti dalla vigente normativa antisismica è necessario rendere la struttura esistente idonea a resistere alle azioni dinamiche generate dagli eventi sismici. Certo, si potrebbero semplicemente demolire e ricostruire gli stabili interessati, ma, ove possibile, la ristrutturazione è sempre da preferire, sia per motivi ambientali che per ragioni economiche.

Esistono naturalmente diversi tipi di interventi di messa in sicurezza sismica, ognuno adatto a determinate tipologie di edifici. Per stabilire quali adottare occorre analizzare in modo approfondito la struttura e il suo contesto urbano e naturale, sotto la guida delle Norme Tecniche delle Costruzioni (NTC 2018). Gli interventi si possono suddividere in tre macrogruppi:

  • l’adeguamento sismico permette di raggiungere la stessa sicurezza sismica che avrebbe un edificio costruito ex novo
  • il miglioramento sismico è volto a migliorare il comportamento dell’edificio
  • le riparazioni e gli interventi locali agiscono solo su parti critiche della struttura e non sulla sua globalità

 

Cos’è il cappotto sismico?

Tra le azioni più praticate nella riqualificazione degli edifici dal punto di vista della sicurezza sismica c’è il cappotto sismico, una seconda pelle per l’edificio, che ha il vantaggio di aumentarne anche l’efficienza energetica senza intervenire in modo invasivo. Facendo riferimento alla classificazione degli interventi, il cappotto è una soluzione di miglioramento sismico.

Il cappotto nasce come sistema di isolamento termico dell’edificio, che riveste l’involucro edilizio in modo uniforme e può essere realizzato in materiali isolanti di diversa natura e spessori differenti in base alle esigenze. Ma presto ci si è accorti che rappresenta un’aggiunta utile anche da altri punti di vista, tra i quali quello della sicurezza sismica. Intervenire su edifici già esistenti per la messa in sicurezza senza essere invasivi non è sempre agevole, ma il cappotto sismico permette di farlo.

Isolamento termico e sicurezza sismica in questo caso si fondono grazie al fatto che al cappotto termico si aggiungono rinforzi e ancoraggi alla struttura di base. Aggiunte che aumentano la resistenza soprattutto alle sollecitazioni orizzontali, mentre quella alle azioni verticali rimane appannaggio della struttura stessa. Oltre a risolvere i ponti termici e a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, consente perciò di diminuire la vulnerabilità sismica degli stabili.

 

Come si realizza?

Come si è detto, le strategie di riqualificazione dovrebbero essere progettate con un approccio integrato e sostenibile in cui si affronti sia il ​​risparmio energetico che la sicurezza sismica, senza escludere l’uno o l’altra e soprattutto tenendo a mente l’obiettivo finale degli interventi: migliorare la qualità della vita delle persone tutelando l’ambiente, con un riguardo per l’estetica dell’edificio. L’approccio dovrebbe perciò coinvolgere alcuni elementi chiave dell’edificio, come l’involucro, i suoi impianti e l’integrazione di sistemi che producono energia da fonti rinnovabili, tenendo conto delle sue diverse caratteristiche tecnologiche e materiche.

In ogni caso, un cappotto sismico è costituito almeno da uno strato isolante e da uno antisismico. Quello isolante è formato da materiali dalle proprietà isolanti come lana di roccia o sughero, che variano a seconda delle esigenze. Quello di rinforzo antisismico, posato dopo l’isolante, è formato in molti casi da calcestruzzo armato, che viene ancorato alla struttura esistente tramite i suoi punti nevralgici. Naturalmente, data la complessità della stratificazione, è fondamentale pianificare in anticipo le dimensioni, i punti di ancoraggio, le quantità e le tipologie di materiali.

L’installazione di un cappotto sismico e termico non è propriamente economica, per il costo dei materiali e della manodopera, ma dati gli obiettivi di sicurezza ed efficienza che permette di raggiungere, dà diritto allo sfruttamento di alcuni Bonus. Oltre all’Ecobonus per l’efficientamento energetico, esiste infatti anche un Sisma Bonus, che prevede una detrazione fiscale in rate annuali, uno sconto in fattura o una cessione del credito pari al 50-85%, a seconda della classe sismica raggiunta, su una spesa massima di 96mila euro, da sfruttare entro il 2024.

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