Gli edifici hanno un ruolo fondamentale nella politica ambientale e climatica dell’UE per diversi motivi e in particolare per le loro attuali emissioni di gas serra e l’elevato consumo di energia e risorse. Il miglioramento delle tecniche di progettazione e costruzione – tra bioarchitettura ed ecodesign – e i nuovi standard in ottica nZEB produrranno certamente nuovi edifici altamente efficienti, ma cosa succederà a tutti quegli edifici già costruiti senza particolari attenzioni ambientalistiche che nel 2050 saranno ancora in piedi? La loro riqualificazione dovrà dipendere dai principi dell’economia circolare.

 

La renovation wave

Con edifici che rappresentano il 40% del consumo energetico annuale dell’UE e il 36% delle emissioni annuali di gas serra, il miglioramento della sostenibilità del settore edilizio è fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 e al 2050. A tal fine, il Green Deal spinge ad agire in due modi:

  • rafforzando la legislazione relativa all’efficienza energetica e alla prestazione energetica degli edifici
  • promuovendo l’elettrificazione degli utenti finali nel settore residenziale, contestualmente alla decarbonizzazione del settore elettrico

Le emissioni dell’edilizia sono già diminuite del 29% tra il 2005 e il 2019, una buona percentuale ma non sufficiente a raggiungere in tempo l’obiettivo dell’UE di ridurre le emissioni totali del 55% entro il 2030. Per allora, l’edilizia dovrà raggiungere il -60% e le restano meno di 10 anni. Lo stabilisce la Renovation Wave avviata dall’UE nel 2021 per accelerare il processo di rinnovamento in ottica sostenibile del parco edilizio. Non basta infatti che gli edifici di nuova costruzione siano a emissioni zero: devono diventarlo anche gli edifici già esistenti. La cosiddetta “ondata di ristrutturazioni” ha perciò l’obiettivo di raddoppiare il tasso annuo di rinnovamento energetico (attualmente stimato all’1%) di edifici residenziali e non entro il 2030, riducendo il consumo energetico di almeno il 60% rispetto al 1990.

Ristrutturazione energetica e ristrutturazione classica possono oltretutto andare di pari passo. Basti pensare che 15% degli Europei vive in abitazioni con tetto che perde o pareti, pavimenti o fondamenta umidi e il 5-39% vive in edifici con telai delle finestre o pavimenti che presentano marciume. Condizioni che influiscono sia sulla sicurezza e la vivibilità dell’edificio che sulle sue prestazioni energetiche.

 

Riqualificazione e circular economy

Sia la ristrutturazione energetica che quella classica richiedono ovviamente nuovi materiali e generano perciò emissioni di CO2 connesse ai loro estrazione, lavorazione, trasporto e messa in posa. Se l’UE vuole raggiungere la neutralità climatica, sarà necessario perciò pensare anche a come ridurre al minimo le emissioni derivanti da questi interventi, che saranno sempre più numerosi e radicali.

A venire in soccorso, anche in questo caso, è l’economia circolare. La proposta della Commissione europea di rivedere il regolamento sui materiali da costruzione creerà un quadro armonizzato per valutarne e comunicarne le prestazioni ambientali e climatiche, riguardanti il loro intero ciclo di vita. I nuovi requisiti garantiranno in particolare che la loro progettazione e fabbricazione siano all’avanguardia, in grado di renderli durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da ricostruire.

 

Le azioni da intraprendere

Secondo il briefing della European Environment Agency “Building renovation: where circular economy and climate meet” (“La ristrutturazione edilizia: dove l’economia circolare incontra il clima”) sono dunque 3 gli obiettivi da raggiungere per dare vita a un renovation wave circolare, con relative azioni da compiere:

  • aumentare la durata della vita dei materiali e degli edifici
    • intensificare l’utilizzo degli spazi, trasformandoli in aree polivalenti per ridurre la necessità di nuovo costruito
    • fare retrofitting, cioè riadattare l’uso di una tipologia di edificio per la qaule diminuisce la domanda
    • sostituire nell’ambito delle ristrutturazioni i componenti con la durata di vita più breve con altri dalla durata più lunga
    • ritardare la demolizione degli edifici preferendo sempre la riparazione
  • ridurre la necessità di nuovi materiali utilizzando in modo più efficiente le risorse
    • scegliere prodotti e materiali conformi ali principi del design for disassembly (DfD)
    • massimizzare il contenuto riciclato dei materiali di ristrutturazione
    • massimizzare il riutilizzo di materiali
  • prediligere materiali di nuova generazione
    • utilizzare facciate prefabbricate, inclusi rivestimento e isolamento, per risparmiare il 25% di materiali
    • scegliere materiali/prodotti a base biologica
    • utilizzare soluzioni basate sulla natura, per esempio includendo in tutti i lavori di ristrutturazione tetti e facciate verdi

Rispettare questi principi e intraprendere queste azioni potrebbe consentire all’Europa di risparmiare notevoli quantità di CO2 emessa e 650 milioni di tonnellate di materiali utilizzati.

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