Non solo vento e sole: anche il suolo può fornire energia rinnovabile per accelerare la transizione energetica e la decarbonizzazione. L’Italia è molto indietro sul fronte delle rinnovabili rispetto agli altri paesi europei e soprattutto rispetto ai target di decarbonizzazione fissati per il 2030 e il 2050. Il geoscambio e in generale lo sfruttamento dell’energia geotermica potrebbe consentire di recuperare terreno, ma anche di rendere più resiliente il settore in un’epoca di squilibri nella disponibilità e nei costi dell’energia.

Dal CNR arriva perciò un’idea per imparare a sfruttare in maniera sostenibile e intelligente il calore offerto dal suolo terrestre: GeoGrid Viewer, nell’ambito del progetto GeoGrid, che è stato presentato lo scorso febbraio all’Expo Dubai 2020 da una delegazione di operatori della Regione Campania.

 

Cos’è il geoscambio?

I sistemi di scambio geotermico per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici si stanno rivelando una tecnologia indispensabile per raggiungere un consumo netto di energia pari a zero. I sistemi di geoscambio, infatti, riducono il consumo di energia prelevando calore dalle acque sotterranee o dal suolo e utilizzando la terra per immagazzinarlo, proprio come se fosse una batteria. Nei mesi caldi, invertono il processo, prelevando calore dall’aria dell’edificio per raffrescarlo e trasferendolo al sottosuolo.

Il geoscambio utilizza la temperatura stabile del terreno per stoccare energia termica in modo che possa essere estratta e distribuita in un edificio con un minimo utilizzo di elettricità. Per stoccare e movimentare l’energia, sfrutta scambiatori di calore sotto forma di una rete di tubi a circuito chiuso sepolti in profondità nel sottosuolo, nei quali scorre acqua. Il loro posizionamento richiede naturalmente un’attenta pianificazione, test del suolo e un’adeguata progettazione del carico per funzionare come previsto. Qualora il calore del terreno non fosse sufficiente ci si affida all’intermediazione di una pompa di calore, che trasferisce l’energia termica utilizzando l’elettricità.

Oltre alla pianificazione del posizionamento degli scambiatori di calore, un aspetto da chiarire preliminarmente all’installazione di un sistema di geoscambio è la garanzia che il calore prelevato nei mesi più freddi non alteri permanentemente la temperatura del suolo sotterraneo. Il suolo profondo è riscaldato lentamente e passivamente dalle radiazioni solare e mantiene in modo naturale una temperatura stabile. Nei sistemi di geoscambio, funge essenzialmente da batteria di energia e, se l’edificio estrae costantemente calore dal terreno senza reintegrarne abbastanza, rischia di essere raffreddato in modo permanente.

Per risolvere ogni dubbio, assicurandosi che la porzione di suolo individuata possa effettivamente fornire abbastanza calore a un edificio senza essere intaccato dal processo di estrazione, è necessario conoscere approfonditamente le sue caratteristiche. Qui interviene Geogrid Viewer sviluppato da CNR nell’ambito del progetto GeoGrid.

 

Il Geogrid Viewer

L’analisi del suolo e l’ottimizzazione della perforazione sono due fasi fondamentali della progettazione di un sistema di geoscambio, per comprendere quando in profondità spingersi e quale sia la geologia, per prendere decisioni intelligenti sia dal punto di vista economico che da quello ambientale. L’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha perciò sviluppato il Geogrid Viewer, uno strumento che consentirà di visualizzare in modo più preciso il sottosuolo.

Per prima cosa i ricercatori hanno sviluppato metodi di analisi congiunta dei dati geofisici e chimici, per rendere più chiare e dettagliate le immagini restituite dal sottosuolo. Tra i dati accessibili ci sono la velocità delle onde elettriche e acustiche immesse nel sottosuolo, le temperature e la presenza di sale disciolto nelle acque sotterranee. Sulla base dei dati raccolti, il software metterà a fuoco le immagini, offrendo una ricostruzione fedele di ciò che non è accessibile all’occhio umano. Tra le informazioni più preziose che il Geogrid Viewer può offrire, per esempio, c’è la localizzazione del percorso di risalita dei fluidi caldi e la quantità di calore che trasportano.

Il progetto GeoGrid è finanziato con fondi POR FESR Campania 2014-2020 e sviluppato in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, università e aziende del settore. Con la coordinazione dell’Università di Napoli “Parthenope”, i partners utilizzeranno le conoscenze acquisite per sviluppare un prototipo di impianto per la produzione di energia elettrica e termica dalle dimensioni contenute, facile da installare anche in un cortile residenziale. Ma anche per implementare un sistema di controllo e di miglioramento delle prestazioni energetiche degli impianti di geoscambio, per sfruttare al meglio il potenziale geotermico delle aree più promettenti.

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